Con musica e parole, Don Francesco Fiorillo ha commosso il pubblico presente nel nuovo salone della Caritas di Trinitapoli e, lasciando nelle mani dei trinitapolesi un pugnetto di semi di lavanda che coltiva nel suo monastero, ha invitato tutti a sentirne il profumo per lenire ogni intima sofferenza.
Vive da 12 anni, come lui dice, in un “porto di terra”, nel monastero di San Magno, a Fondi in provincia di Latina e di tanto in tanto, come il 24 novembre a Trinitapoli, fa incursioni fuori porto. Spiegare quello che fa un prete può apparire ovvio. Don Francesco, però, non dice soltanto messa, non battezza solo i neonati, non porge solo l’estremo saluto ai moribondi, non aiuta solo gli scartati, gli ultimi della terra e i sofferenti. Don Francesco aggiunge a queste azioni quotidiane anche un balsamo e un medicamento particolare per aiutare tutti noi, fragili umani, a” danzare nelle tempeste”.
Di che medicina si tratta? La poesia, che per lui è anche musica. Se leggete, infatti, le sue poesie, appare chiaro che sembrano scritte da un cantautore. Figure retoriche come metafore e sinestesie, di cui sono ricchi i brani poetici, si affiancano alle copiose anafore, cioè la ripetizione ad ogni capoverso delle stesse parole o frasi. Una ripetizione che è tipica dei brani musicali d’autore e che hanno l’effetto di far penetrare parole e pensieri nel cuore e nella mente del lettore.
A Roma, nella sede centrale della Caritas, durante un seminario rivolto ai formatori Caritas, ho avuto modo di conoscerlo ed ascoltarlo. Sono restata colpita dall’amore per la “parola” che si diffondeva mentre parlava. Non sapevo ancora che avesse scritto delle poesie. Andare nel profondo delle parole, era il suo messaggio, e significava cancellare egoismo, superfluo, competizione e corsa al successo. Al di là di ogni razza, lingua e religione, noi tutti siamo “religiosi”, cioè legati, nel senso etimologico della parola, alla nostra personale idea di sacro e le parole, le belle parole, la musica possono produrre benessere, amore, pace e giustizia. Questa pandemia, se ben vissuta, può essere l’inizio di una nuova pandemia d’amore.
Talvolta, come titola le sue poesie Don Francesco, “Il nuovo accade”. “Non c’è niente di peggio in questa crisi se non il rischio di sprecarla”, ha detto Papa Francesco. “È finito il tempo di vivere per se stessi, camminiamo a piedi scalzi, lasciamo l’arroganza, gettiamo via la prepotenza, dimentichiamo l’immortalità”, incita Don Francesco Fiorillo in una sua poesia. La musica e le parole di Don Francesco sono arrivate al cuore di tutti i presenti. L’amore e la fratellanza allontanano le paure e ci invitano a prendere le distanze “da chi urla per avere ragione, da chi denigra sempre gli altri, da chi cerca sempre un nemico per giustificarsi”.
Facciamo il pieno di belle parole, di arte da sperimentare e di innovazione da praticare. Facciamo il pieno proprio in questi giorni difficili perché di vuoto ne abbiamo prodotto fin troppo. Le crisi che sembrano bloccarci, ha concluso Don Francesco, in realtà aprono spazi, rompono gusci di comodità e creano condizioni per metterci di nuovo in marcia. Sono questi momenti di sospensione, di attesa che rinnovano il mondo. Non dobbiamo temerli ma “attraversarli”, come la barca che naviga con i venti contrari per arrivare ad un porto sicuro.